Da "Margie e le storie di vita vissuta"
disegno di Manuel Preitano
IL CLOWN FARFALLINO
-Mamma, tu
conosci storie di clown? Mi piacerebbe sentirne una- chiese Margie molto
interessata e incuriosita.
-Il nonno mi raccontava sempre la storia del
clown Farfallino. Non era un clown famoso, anche perché lavorava in un
circo piccolo e poco conosciuto; ma era
ben voluto da tutti, sia dai suoi compagni che dai bimbi che andavano a vederlo.
Lui non era nato nel circo, ma vi era entrato molto giovane.
Era
rimasto solo nella vita, e pertanto cercava una famiglia. E il circo lo aveva
accolto con amore e simpatia e lo aveva integrato nel suo mondo. Aveva
cominciato la sua nuova vita facendo ogni tipo di lavoro: accudiva i cavalli,
dava una mano quando veniva alzato il tendone, aiutava a pulire le gabbie degli
animali. Insomma, ogni tipo di lavoro gli andava bene e lo faceva con diligenza
ed entusiasmo. In quel circo c’era un clown, un vecchio clown stanco e senza
più tanto entusiasmo per lo spettacolo e per la vita del circo. Il suo numero
ormai non faceva più ridere: e un clown deve far ridere sempre. Il padrone lo
aveva invitato più volte a ritirarsi e a rimanere nel circo a dare una mano; e
lui gli aveva promesso che presto avrebbe accettato il suo consiglio. E così,
senza che lui ci avesse mai pensato, il nostro Farfallino era stato istruito a
fare il clown-.
-Ma si chiamava proprio Farfallino? È un nome
buffo- chiese Margie.
-E infatti doveva esserlo. Il padrone lo aveva
chiamato così. Il suo vero nome non lo ha mai saputo nessuno-.
-Ma perché proprio Farfallino?-.
-C’era un motivo. Durante il suo numero
veniva sollevato e sospeso in aria da alcune funi invisibili, e lui agitava le
braccia come fossero le ali di una
farfalla. E così Farfallino aveva iniziato la sua vita di clown.
Un
giorno, quando si era fatto più grande, si era innamorato di una giovane che
non faceva parte del circo. Si era sposato e il padrone, quale regalo di nozze,
gli aveva comprato una roulotte nuova. Dopo un anno circa era nata una
bellissima bimba; Farfallino si era sentito l’uomo più felice della terra,
perché era riuscito con l’aiuto del buon Dio e la solidarietà degli uomini del
circo a ricreare una vera famiglia. Ma quando la bimba aveva compiuto il suo
primo anno di età, la moglie aveva proposto a Farfallino di lasciare il circo e
di trovare un nuovo lavoro e una vera casa. Ma Farfallino non se l’era sentita,
perché ormai il circo era diventato la sua casa, il suo mondo, il suo lavoro, la
sua vita. Dopo qualche giorno la donna lo aveva abbandonato, e lui era rimasto
da solo con la sua bimba-.
-È stata cattiva quella donna!- esclamò
Margie.
-Non giudicare mai dalle apparenze, Margie-
disse la mamma- Non è facile per tutti adattarsi ad una vita così particolare
come quella del circo e vivere in una casina così piccola e senza alcuna
comodità. Quella donna ci aveva provato, mettendoci tanto amore e tanta buona
volontà; ma purtroppo non ce l’aveva fatta. Infatti Farfallino non le aveva serbato
rancore, ed aveva accettato il suo destino.
La
bimba cresceva bene ed era molto bella.
Farfallino
aveva voluto istruirla, e non potendo farle frequentare una scuola regolare per
via che il circo si spostava sempre, le pagava un insegnante privato durante la
lunga sosta invernale. Voleva che la sua bimba non si legasse al circo e per
lei pensava ad una vita più comoda nel libero mondo degli uomini-.
-Perché, lui non era un uomo libero?- chiese
Margie.
-Sì, così sembrava. Ma il suo mondo era tutto
racchiuso in quel piccolo spazio delimitato dai carri del circo. Lui era
libero, ma la sua vita in fondo non lo era. Ecco perché per la sua bimba aveva
sperato in una vita diversa. Ma non aveva immaginato che ciò potesse succedere
tanto presto. Il destino infatti volle che un bel giorno Cristina incontrasse
un giovane e se ne innamorasse-.
-Si chiamava Cristina la bimba?-.
-Hai ragione, non te l’avevo detto. Sì, si
chiamava Cristina. Il giovane era bello, onesto e benestante, e sembrava molto
innamorato di Cristina. Per lei aveva pensato anche ad una istruzione più
completa e ad un diploma. E anche se tutto questo era in fondo ciò che
Farfallino aveva sperato per la sua bimba, pur tuttavia avrebbe finito col
ritrovarsi ancora una volta solo e senza famiglia.
Poi
arrivò il giorno: Cristina fece le
valigie e si sedette sulle ginocchia del padre come aveva sempre fatto fin da
quando era bambina:
<<Grazie papà>> gli disse
<<Sei stato un padre bravo e generoso. So quanto hai dovuto faticare per
tirarmi su e per farmi crescere bene, e so anche quanto sia grande il dolore
che ti sto dando. Ma tu hai rinunciato a tutto pur di farmi avere una vita
diversa, e quindi questo dev’essere anche il tuo giorno più bello, perché il
tuo sogno si sta avverando. Ti amerò sempre, papà, e non ti scorderò
mai>>.
I due
si abbracciarono e piansero insieme. Ma prima che Cristina andasse via,
Farfallino prese un suo vecchio cappello, lo pulì per bene, quasi lo accarezzò,
e poi lo diede alla figlia dicendo:
<<Piccola mia, questo è il buffo
cappello con il quale ho cominciato la mia vita da clown. Con questo in testa
ho avuto la gioia di far divertire tanti bambini. Ed è anche merito di questo
cappello se ho potuto farti crescere bene e darti un’istruzione. Non ho altro
da darti, bambina mia, ma voglio che tu lo tenga per ricordo di questo papà
pagliaccio>>.
<<Lo terrò caro, papà>> disse
Cristina commossa <<e lo mostrerò con orgoglio ai miei figli, se Dio
vorrà mandarmene>>.
Poi,
con le lacrime agli occhi, lasciò definitivamente il padre e il mondo del
circo.
Nella
sua solitudine e con il cuore triste, Farfallino si sedette davanti allo
specchio e cominciò a truccarsi, perché lo spettacolo non si ferma mai. Quella
maschera avrebbe nascosto la sua tristezza mescolandola con quella del clown.
Il suo
numero prevedeva, come spesso accade nei numeri dei clown, che egli dovesse
piangere: acqua che, con un trucco, usciva a fontanella dai suoi occhi. Era
sempre un momento molto buffo, e a quel punto i bimbi ridevano e si
divertivano. Ma in mezzo a quell’acqua, quella sera, dagli occhi del clown
Farfallino uscirono tante lacrime vere: lacrime di dolore e, chissà, forse
anche lacrime di gioia. Ma nessuno se ne accorse e tutti risero e si
divertirono come al solito-.
-Forse gli conveniva tenere il trucco per
sempre, per non mostrare il suo dolore- disse Margie mentre i suoi occhi
diventavano lucenti.
-E perché? Il dolore e la tristezza sono cose
di questo mondo, e non bisogna vergognarsene; nascondere il volto non serve a
nulla perché il dolore e la tristezza
condizionano comunque i tuoi comportamenti. Insomma, sarebbe ancora una volta
come fare lo struzzo: ti ricordi come fa lo struzzo?-.
-Sì,- rispose Margie- mi ricordo: mette la
testa sotto la sabbia e crede che così nessuno lo vede-.
-Brava Margie-.
-Sai mamma, non credevo che le storie degli
uomini di circo fossero così belle-.
-Sono storie di uomini, Margie, storie di
vita vissuta. Ma contrariamente a quanto succede nelle fiabe, le storie degli
uomini spesso dipendono dalle azioni degli altri uomini, come nel caso della
bella Magdalena-.
-Chi era Magdalena?-.
-Adesso non abbiamo tempo; ma quando avrò
finito le faccende te la racconterò-.
-O no, mamma! Non puoi rimandare le faccende?
Per favore!-.
-No, Margie. Non sarebbe giusto. Visto che
sono costretta a rimanere a casa per accudire la mia bimba, tanto vale che
sfrutti l’occasione per smaltire un po’ d’arretrato-.
-Uffa! Però fai presto, mamma, altrimenti mi
sale la febbre-.
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LA BELLA MAGDALENA
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