mercoledì 2 maggio 2018

IL CLOWN FARFALLINO (racconto per bambini)

 Da "Margie e le storie di vita vissuta"
 
disegno di Manuel Preitano

IL CLOWN FARFALLINO

  -Mamma, tu conosci storie di clown? Mi piacerebbe sentirne una- chiese Margie molto interessata e incuriosita.
  -Il nonno mi raccontava sempre la storia del clown Farfallino. Non era un clown famoso, anche perché lavorava in un circo  piccolo e poco conosciuto; ma era ben voluto da tutti, sia dai suoi compagni che dai bimbi che andavano a vederlo. Lui non era nato nel circo, ma vi era entrato molto giovane.
Era rimasto solo nella vita, e pertanto cercava una famiglia. E il circo lo aveva accolto con amore e simpatia e lo aveva integrato nel suo mondo. Aveva cominciato la sua nuova vita facendo ogni tipo di lavoro: accudiva i cavalli, dava una mano quando veniva alzato il tendone, aiutava a pulire le gabbie degli animali. Insomma, ogni tipo di lavoro gli andava bene e lo faceva con diligenza ed entusiasmo. In quel circo c’era un clown, un vecchio clown stanco e senza più tanto entusiasmo per lo spettacolo e per la vita del circo. Il suo numero ormai non faceva più ridere: e un clown deve far ridere sempre. Il padrone lo aveva invitato più volte a ritirarsi e a rimanere nel circo a dare una mano; e lui gli aveva promesso che presto avrebbe accettato il suo consiglio. E così, senza che lui ci avesse mai pensato, il nostro Farfallino era stato istruito a fare il clown-.
  -Ma si chiamava proprio Farfallino? È un nome buffo- chiese Margie.
  -E infatti doveva esserlo. Il padrone lo aveva chiamato così. Il suo vero nome non lo ha mai saputo nessuno-.
  -Ma perché proprio Farfallino?-.
  -C’era un motivo. Durante il suo numero veniva sollevato e sospeso in aria da alcune funi invisibili, e lui agitava le braccia  come fossero le ali di una farfalla. E così Farfallino aveva iniziato la sua vita di clown. 
Un giorno, quando si era fatto più grande, si era innamorato di una giovane che non faceva parte del circo. Si era sposato e il padrone, quale regalo di nozze, gli aveva comprato una roulotte nuova. Dopo un anno circa era nata una bellissima bimba; Farfallino si era sentito l’uomo più felice della terra, perché era riuscito con l’aiuto del buon Dio e la solidarietà degli uomini del circo a ricreare una vera famiglia. Ma quando la bimba aveva compiuto il suo primo anno di età, la moglie aveva proposto a Farfallino di lasciare il circo e di trovare un nuovo lavoro e una vera casa. Ma Farfallino non se l’era sentita, perché ormai il circo era diventato la sua casa, il suo mondo, il suo lavoro, la sua vita. Dopo qualche giorno la donna lo aveva abbandonato, e lui era rimasto da solo con la sua bimba-.
  -È stata cattiva quella donna!- esclamò Margie.
  -Non giudicare mai dalle apparenze, Margie- disse la mamma- Non è facile per tutti adattarsi ad una vita così particolare come quella del circo e vivere in una casina così piccola e senza alcuna comodità. Quella donna ci aveva provato, mettendoci tanto amore e tanta buona volontà; ma purtroppo non ce l’aveva fatta. Infatti Farfallino non le aveva serbato rancore, ed aveva accettato il suo destino.
La bimba cresceva bene ed era molto bella.
Farfallino aveva voluto istruirla, e non potendo farle frequentare una scuola regolare per via che il circo si spostava sempre, le pagava un insegnante privato durante la lunga sosta invernale. Voleva che la sua bimba non si legasse al circo e per lei pensava ad una vita più comoda nel libero mondo degli uomini-.
  -Perché, lui non era un uomo libero?- chiese Margie.
  -Sì, così sembrava. Ma il suo mondo era tutto racchiuso in quel piccolo spazio delimitato dai carri del circo. Lui era libero, ma la sua vita in fondo non lo era. Ecco perché per la sua bimba aveva sperato in una vita diversa. Ma non aveva immaginato che ciò potesse succedere tanto presto. Il destino infatti volle che un bel giorno Cristina incontrasse un giovane e se ne innamorasse-.
  -Si chiamava Cristina la bimba?-.
  -Hai ragione, non te l’avevo detto. Sì, si chiamava Cristina. Il giovane era bello, onesto e benestante, e sembrava molto innamorato di Cristina. Per lei aveva pensato anche ad una istruzione più completa e ad un diploma. E anche se tutto questo era in fondo ciò che Farfallino aveva sperato per la sua bimba, pur tuttavia avrebbe finito col ritrovarsi ancora una volta solo e senza famiglia.
Poi arrivò il giorno: Cristina fece  le valigie e si sedette sulle ginocchia del padre come aveva sempre fatto fin da quando era bambina:
  <<Grazie papà>> gli disse <<Sei stato un padre bravo e generoso. So quanto hai dovuto faticare per tirarmi su e per farmi crescere bene, e so anche quanto sia grande il dolore che ti sto dando. Ma tu hai rinunciato a tutto pur di farmi avere una vita diversa, e quindi questo dev’essere anche il tuo giorno più bello, perché il tuo sogno si sta avverando. Ti amerò sempre, papà, e non ti scorderò mai>>.
I due si abbracciarono e piansero insieme. Ma prima che Cristina andasse via, Farfallino prese un suo vecchio cappello, lo pulì per bene, quasi lo accarezzò, e poi lo diede alla figlia dicendo:
  <<Piccola mia, questo è il buffo cappello con il quale ho cominciato la mia vita da clown. Con questo in testa ho avuto la gioia di far divertire tanti bambini. Ed è anche merito di questo cappello se ho potuto farti crescere bene e darti un’istruzione. Non ho altro da darti, bambina mia, ma voglio che tu lo tenga per ricordo di questo papà pagliaccio>>.
  <<Lo terrò caro, papà>> disse Cristina commossa <<e lo mostrerò con orgoglio ai miei figli, se Dio vorrà mandarmene>>.
Poi, con le lacrime agli occhi, lasciò definitivamente il padre e il mondo del circo.
Nella sua solitudine e con il cuore triste, Farfallino si sedette davanti allo specchio e cominciò a truccarsi, perché lo spettacolo non si ferma mai. Quella maschera avrebbe nascosto la sua tristezza mescolandola con quella del clown.
Il suo numero prevedeva, come spesso accade nei numeri dei clown, che egli dovesse piangere: acqua che, con un trucco, usciva a fontanella dai suoi occhi. Era sempre un momento molto buffo, e a quel punto i bimbi ridevano e si divertivano. Ma in mezzo a quell’acqua, quella sera, dagli occhi del clown Farfallino uscirono tante lacrime vere: lacrime di dolore e, chissà, forse anche lacrime di gioia. Ma nessuno se ne accorse e tutti risero e si divertirono come al solito-.
  -Forse gli conveniva tenere il trucco per sempre, per non mostrare il suo dolore- disse Margie mentre i suoi occhi diventavano lucenti.
  -E perché? Il dolore e la tristezza sono cose di questo mondo, e non bisogna vergognarsene; nascondere il volto non serve a nulla perché  il dolore e la tristezza condizionano comunque i tuoi comportamenti. Insomma, sarebbe ancora una volta come fare lo struzzo: ti ricordi come fa lo struzzo?-.
  -Sì,- rispose Margie- mi ricordo: mette la testa sotto la sabbia e crede che così nessuno lo vede-.
  -Brava Margie-.
  -Sai mamma, non credevo che le storie degli uomini di circo fossero così belle-.
  -Sono storie di uomini, Margie, storie di vita vissuta. Ma contrariamente a quanto succede nelle fiabe, le storie degli uomini spesso dipendono dalle azioni degli altri uomini, come nel caso della bella Magdalena-.
  -Chi era Magdalena?-.
  -Adesso non abbiamo tempo; ma quando avrò finito le faccende te la racconterò-.
  -O no, mamma! Non puoi rimandare le faccende? Per favore!-.
  -No, Margie. Non sarebbe giusto. Visto che sono costretta a rimanere a casa per accudire la mia bimba, tanto vale che sfrutti l’occasione per smaltire un po’ d’arretrato-.
  -Uffa! Però fai presto, mamma, altrimenti mi sale la febbre-.

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